A proposito del manifesto “Mai più una Giulia”

Pubblichiamo il comunicato che Nondasola ha inviato alla stampa locale a proposito del Manifesto “Mai più una Giulia”.

L’invito a considerare i cinque punti e sottoscrivere il Manifesto è una importante azione di sensibilizzazione che però ci chiediamo, nella sintesi, se siano chiare le premesse di ogni punto poiché viene sacrificato un approfondimento necessario che vorremmo estendere ai lettori/lettrici del quotidiano.

1. Sappiamo quanto il sessismo sia diffuso non solo nei luoghi di lavoro ma in ogni spazio della vita e sappiamo quanto il linguaggio sia un potente strumento di costruzione sociale. Il sessismo é incorporato, cioè prende proprio corpo nella nostra società, dalle aule parlamentari alla vendita di un materasso.  Pensiamo all’intitolazione delle vie e delle piazze (a Reggio circa una via su cento è dedicata a una donna), pensiamo a chi occupa i posti nevralgici della Terra, alla Storia, alle scoperte, dove le donne rappresentate sono una ristrettissima minoranza a dispetto di quanto in realtà è accaduto. Anche la cancellazione è violenza.
In ogni spazio pubblico viene spesso agito ‘mobbing’, azione persecutoria che mira al sabotaggio dello spazio occupato da una donna, attraverso forme diverse di violenza psicologica e questo è un reato.

2. Essere complici, forse inconsapevoli, di una qualsiasi forma di violenza non è un reato ma di sicuro rafforza e legittima chi la agisce. Avere attenzione per dinamiche e parole violente contro le donne è già un atteggiamento di rottura della catena di soprusi più o meno gravi che possono sfociare anche in femminicidio e una presa di responsabilità che si trasforma in una potente azione di prevenzione.

3. Gli stereotipi e i modelli del maschile e del femminile ci semplificano la vita e tuttavia inquinano fortemente lo sguardo pubblico sulla violenza maschile sulle donne e nutrono un immaginario che può supportare la violenza. Nel nostro immaginario la vittima ‘perfetta’ è solo la donna sofferente, paziente, pudica, astemia, che fa discorsi senza incongruenze. La nostra esperienza al Centro ci ha insegnato invece che proprio parole confuse, incerte, dubbiose, incoerenti da parte di una donna sono l’esito di una lacerazione intima per una relazione d’amore che si è tramutata in ossessione, in atti e parole pericolose per sé e per i figlie e le figlie.

4. Abbiamo dovuto ormai prendere le distanze da modelli di maltrattante che sono ‘altro da noi’. Non è lo straniero, non è il malato, non è il mostro. Facciamo fatica però a immischiarci, ci siamo dentro anche noi, con la nostra supposta ‘normalità’, con le nostre scelte. Il femminicidio di Giulia  lo mostra chiaramente e crediamo sia per questo che ha scosso più di altri casi la coscienza pubblica grazie anche alla ripresa di parole femministe della sorella che hanno messo in luce la struttura del patriarcato che storicamente ha promosso una società dispari con leggi e fatti storici negati da tanti politici e intellettuali ancora oggi!

5. Come Centro antiviolenza riceviamo segnalazioni di dinamiche violente da parte di parenti, amici e amiche, vicini di casa ma sempre aspettiamo il contatto della donna che sola può decidere cosa fare della sua vita e se e come intraprendere un percorso di uscita dalla violenza con il supporto del nostro centro.

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Il patriarcato oggi tra occultamento e tragica evidenza: un articolo di Rosanna Marcodoppido su Noi Donne

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Giovedì 7 dicembre | Spettacolo “Stai zitta!”, Reggio Emilia