La vittoria di Johnny Depp è un trionfo della misoginia

Volentieri segnaliamo questo articolo pubblicato su Internazionale del 3 giugno 2022, a firma di Moira Donegan (traduzione di Federico Ferrone):

Nei messaggi di testo ai suoi amici, Johnny Depp fantasticava sull’omicidio dell’allora moglie, l’attrice Amber Heard. “Dopo mi scoperò il suo cadavere bruciato per essere sicuro che sia morta”, scriveva Depp. In altri testi, denigrava il corpo della moglie in termini biecamente misogini. Una “fica floscia, inutile, penzolante e consumata”, la definiva.

I testi sono stati resi pubblici nell’ambito del processo per diffamazione intentato da Depp contro Heard presso un tribunale della Virginia. A quanto pare Depp ha fatto causa per un articolo del 2018 che Heard ha pubblicato sul Washington Post, intitolato “Ho denunciato la violenza sessuale. E per questo ho dovuto affrontare la collera della nostra cultura”. Nell’articolo l’attrice scriveva: “Due anni fa sono diventata una figura pubblica simbolo degli abusi domestici”. L’articolo non menziona Depp, ma i suoi avvocati affermano che il pezzo si riferiva a lui ed era diffamatorio. Per quelle parole, Depp ha chiesto cinquanta milioni di dollari.

Una giuria ha ritenuto che ne meritasse 15. Mercoledì 1 giugno è arrivato il verdetto, che ha stabilito che Heard ha diffamato Depp, agendo con “dolo” quando si è descritta come vittima di abusi domestici. Fatto bizzarro, la stessa giuria ha stabilito che uno degli avvocati di Depp ha diffamato Heard affermando che il racconto degli abusi della donna era “una bufala”. Il verdetto è arrivato dopo un processo trasmesso in televisione – una situazione estremamente rara per un procedimento che riguarda accuse di violenza domestica – ed è stato oggetto di una copertura mediatica praticamente totale, quasi tutta a favore di una delle parti in causa, anche se la giuria non era stata tenuta in isolamento. La strana, illogica e ingiusta sentenza ha l’effetto di sancire i presunti abusi di Depp nei confronti di Heard e di punire quest’ultima per averne parlato. Avrà un effetto devastante su tutte le vittime, che ora saranno messe a tacere con la consapevolezza di non poter parlare delle loro esperienze violente per mano degli uomini senza la minaccia di una rovinosa causa per diffamazione. In questo senso, la parola delle donne è appena diventata molto meno libera.

Nelle ultime sei settimane, mentre il processo veniva trasmesso in diretta streaming, molti di coloro che si sono sintonizzati per guardare hanno trattato Heard con lo stesso disprezzo che Depp ha usato nei suoi messaggi di testo. In rete è emerso un ampio consenso sul fatto che Heard stia evidentemente mentendo sugli abusi subiti. È stata accusata di aver falsificato le foto delle ferite causate dalle presunte percosse di Depp, dipingendosi i lividi con del trucco. È stata accusata di aver convinto i molteplici testimoni che dicono che Depp ha abusato di lei a mentire – ripetutamente e sotto giuramento – per anni. Queste teorie del complotto non sono supportate da fatti, ma ciò non ha impedito la loro diffusione. In rete il caso ha assunto caratteri di una mitologia invasata, e la convinzione dell’integrità di Depp persiste indipendentemente dalle prove.

La colpa della vittima
Per alimentare questo falso mito, si accetta qualsiasi crudeltà. Quando Heard è salita sul banco dei testimoni, si è commossa raccontando di come Depp l’avrebbe picchiata, manipolata, controllata, sorvegliata e aggredita sessualmente. In seguito persone comuni, insieme ad alcune celebrità e perfino aziende come Duolingo e Milani, sono ricorse ai social network per deridere o sminuire Heard. Hanno scattato istantanee del suo volto segnato dalle lacrime e ne hanno fatto un meme. Molti si sono esibiti in beffarde rievocazioni della sua testimonianza, cantando in playback mentre Heard raccontava i presunti abusi subiti. L’audio del suo pianto è diventato di tendenza su TikTok. A questa crudeltà si è aggiunta quella della giuria, che non si è limitata a farsi beffe di lei per aver raccontato la sua storia, ma ha dichiarato che Heard ha in realtà violato la legge.

Non è la prima volta che Depp sporge denuncia per accuse del genere. Nel 2020 un tribunale britannico ha esaminato la causa intentata da Depp contro il tabloid britannico The Sun, che Depp aveva denunciato per diffamazione dopo che un articolo lo aveva definito “picchiatore di mogli”. I tribunali britannici sono molto più favorevoli alle richieste di risarcimento per diffamazione rispetto a quelli statunitensi, ma Depp non è riuscito comunque a vincere: il giudice britannico ha ritenuto che la caratterizzazione di Depp fatta dal Sun fosse “sostanzialmente vera”. Lo stesso processo ha stabilito che Depp ha abusato fisicamente di Heard in almeno dodici occasioni. Tuttavia l’attore e i suoi ammiratori sostengono che sia stata Heard, e non Depp, la figura violenta all’interno del loro matrimonio.

Il processo si è trasformato in un’orgia pubblica di misoginia. Anche se la maggior parte del vetriolo è apparentemente diretto unicamente a Heard, è difficile scrollarsi di dosso la sensazione che in realtà sia diretto a tutte le donne. E in particolare a quante tra noi hanno parlato di abusi e violenze sessuali di genere durante l’apice del movimento #MeToo. Viviamo un’epoca di virulenta reazione antifemminista, e i modesti passi avanti ottenuti all’epoca del #MeToo vengono respinti con un’allegra dimostrazione di victim blaming su vasta scala. Una donna è stata trasformata nel simbolo di un movimento che molti vedono con paura e odio, e viene punita proprio per colpire quel movimento. In questo modo, Heard si trova ancora a essere vittima di una relazione violenta. Ora però non è solo Depp ad abusare di lei, ma l’intero paese.

Da quando ha pubblicato il suo articolo sul Washington Post, la vita di Heard è stata consumata dalla rabbia e dalle ritorsioni di Depp e dei suoi ammiratori. Nello scandalo e nella spettacolarizzazione della causa si è persa la verità: è Heard, e non Depp, a essere sotto processo e lo è per aver detto cose la cui veridicità è dimostrata dalla causa giudiziaria stessa. La causa superficiale e punitiva intentata da Depp, e la frenesia del disprezzo misogino contro Heard che l’ha accompagnata, hanno fatto molto per corroborare il punto fondamentale di Heard: le donne vengono punite per essersi fatte avanti. Cosa succede alle donne che denunciano abusi? Vengono messe alla gogna pubblicamente, inserite in black list professionali, ostracizzate socialmente, derise all’infinito sui social network e citate in giudizio. Sono, insomma, vittime di una collera collettiva.

Nessuna vittima è perfetta. E nessuna vittima dovrebbe esserlo

Ma la copertura mainstream del processo non sembra aver colto questo aspetto. Al contrario, ci si è concentrati molto sugli errori e sui momenti peggiori di Heard durante la sua relazione con Depp. Come è tipico delle vittime di abusi domestici, Heard sembra aver fatto cose di cui molte di noi non sarebbero fiere. Ha reagito. Gli sfoghi e gli insulti di Depp hanno lasciato Heard risentita e arrabbiata con lui, e a volte glielo ha detto chiaramente. Molti si affrettano a sottolineare che Heard non è una vittima perfetta. Ma nessuna donna lo è. Ci viene detto che si tratta di una causa “complicata”. Ma non lo è, perché riguarda degli abusi. E ora, quegli abusi sono stati sanciti da una giuria.

Forse il persistere dell’idea che Heard sia in qualche modo ugualmente colpevole di ciò che le è successo è il motivo per cui persone come Michelle Goldberg del New York Times hanno definito il processo come “la morte del MeToo”: perché dimostra quanto facilmente una vittima possa ancora essere incolpata e isolata, quanto facilmente ciò che le è accaduto possa essere preso come un limite del suo carattere personale, piuttosto che come parte di un modello sociale. Non tutte le donne sono uguali, ma il femminismo avrebbe dovuto farci vedere come siamo tutte ugualmente vulnerabili: agli abusi di genere, al fatto che si applichino due pesi e due misure, e alle accuse ingiuste. Nessuna vittima è perfetta. E nessuna vittima dovrebbe esserlo. Dopo tutto, se un uomo non può essere considerato violento se abusa di una donna imperfetta, allora quanto perfetta deve essere una donna prima che diventi sbagliato picchiarla?

Quanto agli ammiratori di Depp, sembrano non tanto negare la presunta violenza di Depp nei confronti di Heard, ma addirittura approvarla. “Lui avrebbe potuto ucciderti”, recita un tiktok virale a sostegno di Depp, nel quale il testo è sovrapposto alle foto del volto livido di Heard: “Lui ne aveva tutti i diritti”. Il post ha ottenuto più di 222.200 like.

La reazione contro il #Me Too è in corso da tempo. Quanti criticano il movimento hanno dipinto gli sforzi delle donne per porre fine alla violenza sessuale come eccessivi e sguaiati fin dall’inizio, sostenendo che #MeToo si era “spinto troppo in là”, quando invece non era neppure davvero cominciato. Eppure il processo a Heard sembra un punto di svolta nella risposta della nostra cultura alla violenza di genere. Le forze della reazione misogina sono forse ancora più forti oggi, dopo che sono state solo temporaneamente represse. Laddove le donne una volta si rifiutavano in massa di mantenere i segreti degli uomini, o di tacere sulla verità delle loro vite, oggi la recrudescenza del sessismo, le virulente molestie online e la minaccia di azioni legali hanno per obiettivo quello di costringere le donne a tornare al silenzio, con la forza.

Per certi versi, si potrebbe considerare la causa per diffamazione come un’estensione degli abusi di Depp nei confronti di Heard, un modo per prolungare la sua umiliazione e il controllo che lui esercita su di lei. L’unica differenza è che ora anche il sistema legale e la popolazione sono stati arruolati per prendervi parte. Questo sembra essere, almeno in parte, il modo in cui Depp vede le cose. Nel 2016, mentre il loro matrimonio andava in frantumi, Depp aveva scritto un messaggio all’amico Christian Carino, giurando vendetta contro Heard. “Sta facendo di tutto per avere un’umiliazione globale”, aveva scritto Depp. “La otterrà”.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian.

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Conoscere per proteggersi, Reggio Emilia, 7 giugno 2022