Sulla legge 194/78: il documento di Rete REsistente per la Commissione Parità e Diritti della Regione Emilia Romagna

Volentieri condividiamo il testo del documento a proposito della legge 194/78, elaborato dal gruppo reggiano Rete REsistente e sottoscritto da varie associazioni e realtà collettive e individuali della regione, che sarà portato oggi 16/05/2024 alla Commissione Parità e Diritti della Regione Emilia Romagna presieduta da Federico Amico.

A seguito dell’ultimo attacco alla 194 a Reggio Emilia si è spontaneamente costituito un gruppo allargato e composito che vede insieme donne singole, Associazioni e movimenti di donne animate dallo stesso desiderio di prendere pubblicamente posizione.

Nonostante la Regione Emilia Romagna abbia già espresso parere negativo sulla azione del Governo ribadendo ferma contrarietà all’ingresso dei movimenti Antiabortisti nei Consultori,  chiederemo di essere ricevute dalla Commissione Pari Opportunità della Regione stessa x significare l’esistenza e la determinazione delle donne della Emilia Romagna.

Vi chiediamo di aderire al nostro appello  e di diffonderlo  alle realtà del vostro territorio : allargare la partecipazione è fondamentale per amplificare la forza di tutte.

Rete REsistente è il nome che abbiamo scelto a sottolineare la determinazione delle donne a resistere per garantire a se stesse e a tutte una libera esistenza.

 “le donne non cadono nella “trappola””

“Non tocchiamo la Legge 194 ma ci mettiamo le mani perché venga applicata”!!!!????

Così, con tono falsamente rassicurante questo Governo vorrebbe farci credere che nulla cambia….

Ma le donne non cadono nella “trappola”! 

Ciò che è stato conquistato con determinazione dalle lotte delle donne verrà difeso con altrettanta determinazione!

Se è vero che non si vuole modificare la legge ma soltanto darne piena applicazione, perché concentrarsi sull’art. 2 della 194 che già prevede ascolto e aiuto competente nel percorso di scelta informata e libera della donna?

Leggiamo all’ art. 2, comma d, del testo di legge:

“… i consultori sulla base di appositi regolamenti possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono aiutare anche la maternità difficile dopo la nascita…”

Perché si è ritenuto di sottolineare qualcosa che già è prevista dalla legge stessa ed è pratica comune nei consultori, introducendo la presenza di chi apertamente si dichiara antiabortista, in palese contrasto con lo spirito della normativa?

Gli operatori dei Consultori, conoscono e attivano le risorse territoriali più opportune a cui indirizzare le donne che lo desiderano.

Porre in capo alle Regioni la scelta di quali debbano essere i soggetti da attivare stabilmente, prevedendoli per di più all’interno delle strutture pubbliche, è uno spostamento di non poco conto che legittima scelte motivate da orientamenti politici piuttosto che realmente funzionali al sostegno alle donne

L’ ascolto non giudicante e la puntuale informazione sulle risorse presenti nel territorio sono già forniti dalle figure professionali del Consultorio proprio per garantire alle donne una piena libertà di scelta, senza forzature in un senso o nell’altro ma riconoscendo alla donna facoltà sul proprio corpo e sul proprio progetto di vita.

Contrariamente a quanto qualcuno sembra pensare, le donne sono in grado di operare  scelte consapevoli e ognuna deve poter affermare la propria scelta, senza essere “messa alla prova” attraverso pratiche che rasentano la violenza istituzionale oltre che psicologica.

Se davvero si vuole dare attuazione alla legge, allora si investa sui Consultori; si dia reale garanzia di operatività a questi presidi che sono i luoghi nati per garantire alle donne e a tutte le soggettività che ad essi si rivolgono educazione alla sessualità, accesso alla contraccezione, sostegno alla maternità e, più in generale, tutela della salute sessuale e riproduttiva in tutte le fasi della vita.

Non si finga di essere preoccupati della piena attuazione della 194, tanto da prevedere l’uso dei fondi del PNRR per azioni in contrasto con la legge stessa, ma piuttosto si investa sulla valorizzazione dei Consultori, così come la legge 405 li ha “disegnati”.

Da tempo e ben prima di questo emendamento le donne denunciano lo svuotamento e l'impoverimento della funzione originaria dei consultori che non é quella di un luogo finalizzato all’aborto, come si vorrebbe far credere. 

E’ invece innegabile che la loro presenza sui territori sia in diretta relazione con il calo progressivo e costante negli anni degli aborti.

- In ambito nazionale i consultori non sono adeguati per numero e per distribuzione territoriale, non garantendo a tutte le donne in egual misura l’accesso ad una legge prevista dallo Stato.

- Sono stati ridotti numero, orari, funzioni e figure professionali previste dalla legge 405 del 1975 istitutiva dei Consultori, e conquistata dal movimento delle donne.

 - L'obiezione di coscienza, libera scelta garantita al personale medico e paramedico, di fatto impedisce la libera scelta delle donne rendendo la legge non applicabile e non applicata: un diritto sancito da una legge ma negato nei fatti. A livello nazionale il 63,4% dei ginecologi sono obiettori, con punte, in alcune Regioni, di oltre l’80%. Obietta il 40,5% degli anestesisti e il 32,8% del personale non medico. (Dati Ministero della Salute 2023- relativi anno 2021). L’obiezione di coscienza  può essere  una scelta  per il personale sanitario ma non per le strutture sanitarie pubbliche che devono comunque erogare il servizio previsto dai LEA (Livelli Essenziali Assistenza).

- La possibilità di accedere all'aborto farmacologico, (RU 486) in regime ambulatoriale e nei consultori, è limitatissima.  Le linee guida sull'aborto farmacologico introdotte dal Ministero della Sanità sono ampiamente disattese essendo praticate solo in tre delle 20 regioni italiane. Possiamo senz’altro affermare che ad ostacolare l’aborto farmacologico, non sono motivazioni di ordine sanitario ma di ordine politico e ideologico.

L’aiuto alla maternità non può essere “una promessa” limitata al momento della scelta, ma deve essere sostenuto da un effettivo stato sociale che risponda alla complessità dei bisogni delle donne in modo duraturo e altrettanto complesso (servizi per l’infanzia, alla scolarità, politiche per l’accesso alla casa , politiche del lavoro….)

Mentre la Francia, prima nel mondo, il 4 marzo 2024 ha segnato un momento storico, inserendo il diritto all'interruzione volontaria di gravidanza in Costituzione e il Parlamento europeo ha votato l’11 aprile a favore dell’inserimento dell’interruzione della gravidanza nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, in Italia si rende ancora più difficile accedere all’aborto.

Il patriarcato torna a riaffermare il suo potere, difendendo come unico modello la “famiglia naturale”, minacciando i diritti acquisiti delle donne, negando la loro autodeterminazione.

Quella che oggi è in discussione è la libertà di “essere ciò che vogliamo essere”.

Sappiamo che i diritti non sono acquisiti per sempre e, oggi più che mai, sentiamo l’urgenza di rispondere pubblicamente agli attacchi di un Governo che con linguaggi a volte aggressivi a volte paternalistici e striscianti, ma sempre patriarcali, sta riaffermando un’idea di società inaccettabile.

Come è stato per la conquista di leggi fondamentali a partire dal diritto di voto, dobbiamo essere oggi protagoniste determinate e capaci di agire e reagire insieme sul piano della rivendicazione, continuando quella pacifica rivoluzione femminista che ha segnato il  Novecento.

Le donne reggiane del gruppo Rete R.Esistente

Firme: Ass. Nondasola (Reggio Emilia), Ass. Spazio Donna (Reggio Emilia), Lab AQ16 (Reggio Emilia), FORUM Associazione Donne Giuriste, Centro Culturale Casa Bettola (Reggio Emilia), Assoc. Città Migrante (Reggio Emilia), CGIL (Reggio Emilia), Collettivo Rabun (Reggio Emilia), Forum Donne Val d’ Enza (Reggio Emilia), Ass. Casa delle Donne (Parma), ACVPR-Assoc. Centro Antiviolenza (Parma), Ass. Linea Rosa (Ravenna), UDI Ravenna, Donne in Nero (Ravenna), Ass. Liberedonne –Casa delle Donne (Ravenna), Ass. Casa delle Donne contro la violenza (Modena), Ass. SOS Donna (Faenza), Ass. Demetra Donne in Aiuto (Lugo), Ass. Trama di Terre (Imola), Ass. PerLedonne (Imola), Legittimadifesa Imola 194 (Imola), Ass. Rompi il Silenzio (Rimini), UDI (Bologna), Ass. Casa delle donne per non subire violenza (Bologna), Ass. SOS donna (Bologna), Ass. “La Città delle donne” (Piacenza), Ass. Centro Donna Giustizia (Ferrara), Ass. CAV VIVEREDONNA (Carpi-Modena)

In tutte le citta abbiamo registrato l’adesione di molte singole donne non appartenenti ad organizzazioni formalizzate: studiose, ricercatrici, mediche, avvocate, giornaliste interessate anche nella attività professionale alle tematiche di genere e dei diritti delle donne. Moltissime le “libere cittadine” giovani e meno giovani studentesse, lavoratrici, casalinghe pensionate fortemente motivate a “partecipare” per dare il loro attivo contributo ad un presidio a tutela dei diritti e della libertà di ognuna/o.

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Una prospettiva femminista per le elezioni del Parlamento Europeo: un articolo di Mariagrazia Rossilli su NoiDonne

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