Il Centro antiviolenza invita il tifo granata - Il consenso

Pubblichiamo il secondo comunicato che Nondasola ha inviato alla stampa locale, facendo seguito al primo del 9 agosto.

In attesa di risposta da parte del tifo granata al nostro invito a un confronto, come già annunciato, vorremmo continuare a offrire alla città spunti di riflessione a partire dalla nostra esperienza anche in tema di prevenzione della violenza sulle donne.

La mancanza di consenso è ciò che distingue uno stupro da un rapporto sessuale. Ma questa differenza non solo è molto difficile da ricostruire in sede giudiziaria (motivo per cui molti stupri non vengono denunciati, tantomeno condannati) ma non sempre è chiara anche per chi sta vivendo quella situazione sul momento. Se è evidente a tutti dai grandi numeri che venire stuprate è un rischio per donne e ragazze, il rischio di commettere uno stupro riguarda invece i maschi.

E, al di là dei facili stereotipi sulle femministe che odiano i maschi, nel nostro lavoro di prevenzione noi ci confrontiamo anche con loro, non solo perché li incontriamo nelle scuole ogni giorno, ma perché sappiamo quanto la cultura sessista, in cui tutti e tutte viviamo, comprometta soprattutto nei maschi la capacità di ascoltarsi e di ascoltare l’altra, dando per scontato che il proprio desiderio sia anche quello di lei. E per altri di rendersi conto di quello che sta succedendo prima e durante un rapporto sessuale. Ancora di più se il rapporto si consuma in gruppo. A questo punto, nei nostri laboratori di prevenzione, i ragazzi obiettano: Ma esiste anche il sesso di gruppo a cui la ragazza vuole partecipare! Infatti se c'è consenso non c'è problema.

Attenzione però. Non vale pensare: Se è stata con altri, vorrà stare anche con Me. Non esiste l’equazione: Se le piace il sesso di gruppo, le piacerà anche il sesso con il Mio gruppo.

Continuiamo prendendo a prestito le parole dei ragazzi in classe:

Magari dice di no, ma non è un no tanto convinto.

Lei non sembra averne voglia, è vero, ma la faremo ricredere e poi non grida, non si muove, non lotta davvero per impedirlo.

Ci siamo mai chiesti se una ragazza - da sola in una stanza con un gruppo di uomini che pretendono un rapporto sessuale - non si chieda per prima cosa se ne uscirà viva? Quale sia la sua migliore strategia di sopravvivenza?

Noi sappiamo dalle donne accolte che quelle sopravvissute a uno stupro toccano la paura di morire più di ogni altra vittima di violenza.

Che il cervello e il corpo si organizzano per non scatenare maggiore violenza di chi è molto più forte, e potrebbe fare ancora più male. Che in quel momento la priorità assoluta diventa uscirne, viva, possibilmente non massacrata.

Silenzio. Non ci avevo mai pensato, ammette coraggiosamente un ragazzo in una classe. Ma che ne sapevo io? Chi me l’ha mai raccontato?

“Nessuno che impari a pensare può tornare a obbedire come faceva prima, non per spirito ribelle, ma per l'abitudine ormai acquisita di mettere in dubbio ed esaminare ogni cosa”, ci ha insegnato Hannah Arendt.

Indietro
Indietro

Il Centro antiviolenza invita il tifo granata - La responsabilità

Avanti
Avanti

Ciao Michela, grazie