Il continuum della violenza - Il comunicato stampa di Nondasola

Per noi che operiamo da oltre vent'anni in un centro antiviolenza che dalla sua apertura nel 1997 ha accolto circa 7000 donne di Reggio Emilia e provincia, delle quali molte sopravvissute a violenze sessuali, l’ingaggio di un giocatore condannato in primo grado per stupro da parte della squadra di Reggio Emilia è motivo di amarezza. Un’amarezza che conosciamo bene. 

È quella che ci accompagna quando siamo testimoni di processi neo quali le donne che hanno subito la violenza più intima e indelebile si trovano a dover dimostrare di non essere state consensuali, e per questo subiscono i più difficili interrogatori, le più striscianti umiliazioni, le peggiori calunnie. Sporgere una denuncia per violenza sessuale è un grande atto di coraggio, oltre che di giustizia; chiunque abbia un minimo di conoscenza di queste procedure lo sa bene. Per questo, indipendentemente dalla sentenza definitiva, una condanna in primo grado parla da sola. E ci immaginiamo cosa debba significare, per la ragazza sopravvissuta alla violenza, che uno dei suoi aguzzini possa continuare a condurre una vita di agi e gloria. Peraltro in una città che del contrasto alla violenza ha fatto una priorità (in un'altra città, Bari, la tifoseria si è rivoltata contro l'idea della squadra di assumere lo stesso giocatore e ha impedito alla società di acquistarlo). 

Ci amareggia, ma per noi non è una novità, la banalità del male dei tanti e tante che pur di contare su una buona prestazione della squadra si nascondono dietro a un finto garantismo. La banalità del male di quelli e quelle che hanno storto il naso davanti a questo ingaggio ma continueranno ad andare allo stadio perché, tanto, il mondo del calcio è così e quello che succede fuori dal campo non conta.

Il mondo è così, si diceva una volta alle donne che venivano violentate. Una volta, prima che il mondo iniziasse a cambiare. 

Noi, che lavoriamo quotidianamente nel contrasto e nella prevenzione alla violenza, sogniamo una rivoluzione delle coscienze. Siamo coscienti della nostra utopia, ma anche di quanti passi avanti sono stati fatti nel giro di poche generazioni. E allora ci piace immaginare che per una stagione il tifo più importante diventi quello contro la violenza sulle donne. A costo di svuotare la curva. Ma anche solo a costo di essere in meno a pagare il biglietto; in molti, in pochi. La coscienza è un fatto personale, ma il personale è politico. 

Il mondo del calcio è già in ritardo di decenni nel prendere atto che il vero avversario in campo è il sessismo nel quale siamo tutti immerse e immersi da sempre. Che questa triste vicenda serva a rimettere il punto esclamativo sul fatto che non c'è effetto più devastante della banalità, per continuare a diffondere il male.  

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Giovedì 3 agosto 2023 I Monologhi della Vagina a Baiso

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