Il grido di allarme di Differenza Donna: la Riforma Cartabia viola la convenzione di Istanbul.

Diffondiamo il comunicato stampa del 23 gennaio 2023 di Differenza Donna sulla Riforma Cartabia.

Differenza Donna, per voce della sua responsabile ufficio legale Avv.ta Maria Teresa Manente, denuncia che le norme introdotte in materia di ‘giustizia riparativa’ dalla nuova Riforma costringono le donne, in uscita dalla violenza, a percorsi di mediazione e conciliazione che sono espressamente vietati dall’art. 48 della Convenzione di Istanbul.

“Nell’ordinamento internazionale - dichiara Manente - si dice chiaramente che il contesto di violenza domestica e violenza di genere preclude l’ utilizzabilità di questi strumenti di mediazione, perché le parti non sono in posizione di parità di potere, e perchè impongono un contatto che espone le vittime ad ulteriori pericoli e produce vittimizzazione secondaria.

Dalla Riforma Cartabia non viene, inoltre, garantito il rispetto della volontà della vittima come stabilito dalla Direttiva n. 29/2012 del Parlamento europeo secondo cui la vittima deve poter scegliere in completa autonomia di partecipare o meno ai programmi di giustizia riparativa. Le norme introdotte prevedono invece che la persona offesa venga sentita da giudice “solo se lo ritiene necessario “ art. 129 bis c.p.p.

Preoccupa, inoltre, il fatto che non vi siano espresse previsioni in merito al tipo di formazione che devono avere i mediatori e tutti gli operatori dei servizi di giustizia riparativa, anche questo in contrasto con la Convenzione di Istanbul e tutte le norme internazionali che chiedono agli Stati di garantire un'elevata specializzazione ed esperienza delle figure professionali che operano per conto dello Stato in materia di violenza di genere.

L'assenza di conoscenza del fenomeno che ignora i fattori sociali e culturali che sottendono i reati che si consumano in una relazione di intimità è molto pericolosa in quanto la mancanza di specializzazione rischia di ottenere il rafforzamento dell'uomo violento e la reiterazione delle condotte violente ai danni delle donne, nonchè forme di vittimizzazione secondaria vietate da tutti gli atti internazionali.” conclude l’avvocata della Associazione.

A rincarare la dose la presidente di Differenza Donna Ong, Elisa Ercoli: “Come donne impegnate nei Centri antiviolenza da oltre 30 anni siamo profondamente preoccupate per la incolumità delle donne in uscita dalla violenza. Non solo non è chiaro il percorso di specializzazione di queste figure che dovrebbero facilitare i percorsi, ma non è esplicitato chi debba essere a formare e come realizzare un’azione sistemica nell’immediato (e siamo già in ritardo) e in itinere. Affermiamo con forza che solo noi donne dei Centri antiviolenza abbiamo una storia di lavoro continuo per la decostruzione degli stereotipi e dei pregiudizi patriarcali che sono gli ostacoli che impediscono a qualunque professionista di vedere la violenza e di tenerne conto perché le donne possano avere giustizia ed essere protette davvero dalla violenza insieme ai loro figli. Non ci rassicura l’esclusione in caso di misure cautelari perché sappiamo che in tutti gli episodi di femminicidio la violenza non era stata presa in considerazione o ancora non denunciata. Chiediamo riforme immediate e un tavolo con la nostra presenza per recuperare ad un danno già realizzato.”

Indietro
Indietro

Il punto non è Chiara Ferragni, ma il definanziamento dei Centri AntiViolenza

Avanti
Avanti

Esiti e rilanci del progetto Re-calling Network nel seminario del 16 dicembre 22