Iran, la rivolta delle donne

Volentieri segnaliamo due articoli pubblicati recentemente sulla rivolta coraggiosa delle donne in Iran:

“Agli italiani non chiediamo di fare la rivoluzione in Iran. Vi chiediamo di non aiutare il nostro nemico”, pubblicato su MicroMega del 6 dicembre 2022 a firma di Federica D’Alessio.
Qui un estratto dell’articolo: “Maryam Moghadasian e Aysan Ahmadi sono parte di un comitato di donne per la rivoluzione nato a Firenze, dove da decenni ha trovato asilo una folta comunità iraniana. Il 22 novembre scorso grazie all’interessamento della deputata PD Lia Quartapelle e dell’ARCI, le attiviste hanno tenuto una Conferenza Stampa a Montecitorio e presentato un documento che pone numerose richieste ai deputati italiani e al Governo italiano. Al Congresso ARCI, Ahmadi ha presentato l’esito delle richieste del comitato. Quelle su cui c’è stato un impegno ad agire sono state “prendere l’iniziativa per fermare la pena di morte comminata contro i manifestanti”; “prendere apertamente posizione, a tutti i livelli istituzionali e politici, per sostenere la voce e la lotta di centinaia di migliaia di donne e uomini iraniani che stanno combattendo a mani nude per la libertà contro la violenza di un regime spietato, armato e sanguinario”; “provvedere immediatamente, tramite le organizzazioni dei diritti umani, all’invio di un comitato di accertamento dei fatti presso le carceri iraniane ai fini di prevenire le violazioni dei diritti fondamentali degli incarcerati e di intervenire ai fini della liberazione immediata e incondizionata di tutti i prigionieri politici”.

“Su questi elementi abbiamo ottenuto un impegno ad agire”, ha ricordato “ma il Governo e il Parlamento italiano sono in ritardo. Mentre i parlamentari di questo Paese stanno provvedendo a portare il dibattito finalmente in Parlamento e ad uscire con qualche risoluzione per difendere i diritti umani, due giorni dopo la nostra conferenza stampa la Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite ha votato una risoluzione che autorizza un’inchiesta internazionale sulle repressioni in Iran. La comunità iraniana” ha denunciato Ahmadi “ai livelli più alti della politica internazionale è riuscita ad arrivare a questa risoluzione. E questo mette in luce ancora di più i ritardi della politica italiana non nell’implementazione di un qualche progetto complesso, ma nella semplice difesa dei diritti umani”.

Quanto alle richieste più nette sul piano dei rapporti diplomatici internazionali, per ora non soltanto hanno ottenuto un diniego, ma la direzione presa dal Governo Meloni sembra andare nella direzione tutta opposta. “Abbiamo chiesto di interrompere tutte le relazioni diplomatiche, commerciali e tutti i negoziati con il regime iraniano e provvedere all’espulsione dell’ambasciatore iraniano dall’Italia; di chiudere l’ambasciata italiana a Teheran e ritirare le vostre rappresentanze diplomatiche dall’Iran; di impedire l’ingresso in Italia e nell’Unione Europa delle persone che fanno parte degli apparati governativi, di sicurezza e repressivi del regime iraniano e bloccare le loro riserve bancarie e i patrimoni all’estero e dei loro familiari”, ha spiegato. “Abbiamo esposto il banner ‘Italy deals, Iran kills’ anche in conferenza stampa alla Camera. Il regime iraniano ha ormai perso qualsiasi legittimità agli occhi del popolo iraniano, ma si rafforza economicamente con i rapporti diplomatici, attraverso i quali guadagna credibilità internazionale. La rivoluzione iraniana per vincere ha bisogno che Paesi come l’Italia smettano di aiutare il regime in tal senso.”

Iran, la rivolta delle donne: da Napoli lettera alle parlamentari, la lettera delle donne campane che fanno parte della rete contro la violenza maschile a deputate e senatrici per sostenere la rivolta delle donne in Iran. Si legge nella lettera: “Mentre avvertiamo l’urgenza di un segno concreto da parte delle nostre Istituzioni, siamo allarmate per l’indisturbata stipula di contratti e scambi commerciali con paesi che non esitano a praticare politiche discriminatorie verso le donne e che si mostrano tolleranti verso pratiche che sfociano nel femminicidio, fino ad assumerlo come forma di controllo dell’ordine costituito.

Una piena applicazione delle norme conquistate dalle donne, pensiamo non possa considerarsi tale senza uno sguardo fattivo e attento che porti alla condanna ferma dello stupro come arma repressiva in Iran e nei vicini conflitti bellici, indipendentemente dagli schieramenti politici e dalla tolleranza finora espressa da soggetti che considerano la violenza fisiologica nei rapporti tra sessi.

Affidiamo a voi una parte del nostro impegno con la piena fiducia, come è naturale nella nostra posizione di cittadine di uno stato democratico.”

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