Lettera aperta di Nondasola al Garante del CONI

In merito alla prossima decisione del Garante del Coni sull’opportunità che la Reggiana ingaggi il giocatore Portanova, da associazione che accoglie donne vittima di violenza vorremmo offrire alcuni punti di attenzione, pur nel pieno rispetto dell’autorità del Garante e del regolamento Coni. Siamo ben consapevoli che una sentenza di primo grado non equivale a una condanna definitiva ma proprio per questo, nell’attesa che la giustizia faccia il suo corso, sarebbe auspicabile assumere un atteggiamento di prudenza.

La nostra associazione dal 1997 si occupa di accogliere le donne vittime di violenza (7000 quelle residenti a Reggio e provincia che si sono rivolte al nostro centro antiviolenza) e, dal 1999, porta avanti l'attività di prevenzione. Incontriamo nelle scuole ragazzi e ragazze, insegnanti, educatori e educatrici. I nostri laboratori hanno gli obiettivi, tra gli altri, di aiutare a riconoscere quali sono i campanelli d'allarme in una relazione, nominare le diverse forme di comportamenti violenti, assumere e condividere il significato del consenso in un rapporto sessuale.

Il nostro lavoro quotidiano ci ha dato in tutti questi anni la certezza incrollabile che il contesto sociale e culturale nel quale matura un giovane sarà decisivo nell'orientare quale sarà il suo comportamento verso ragazze e donne. A seconda di quali modelli maschili, di quali immagini e immaginari hanno popolato il suo mondo, la relazione con il femminile sarà agli antipodi della violenza o viceversa, vivrà e vedrà il corpo delle donne solo come oggetto del proprio piacere, moneta di scambio con altri maschi, sfida tra amici per affermare la propria virilità (quest’ultimo è un comune denominatore per molti stupri di gruppo).

Ci chiediamo quali siano stati i modelli maschili di Portanova e degli altri condannati, con lui, in primo grado per stupro di gruppo. Quale idea del sesso sia stata trasmessa come 'normale' o addirittura augurabile negli anni della sua adolescenza e giovinezza.

È il momento di attivarsi per rompere questa catena di trasmissione alla base della cultura dello stupro, da cui anche il mondo del calcio non è immune. Perché quel muro di sessismo inizi finalmente a sgretolarsi occorre la vigilanza di chi ha ruoli di responsabilità.

Noi la fatica di sgretolare muri con pazienza e determinazione la conosciamo bene. Sarebbe davvero un bel segnale se la squadra della nostra città scegliesse di stare dalla parte di questa fatica.

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