“Nel 2022 il centro antiviolenza contattato da circa 350 donne”
Volentieri segnaliamo l’articolo pubblicato oggi (9 marzo) su La Gazzetta di Reggio con le interviste alle attiviste del Centro antiviolenza, gestito dall’Associazione Nondasola
«Siamo sul territorio ogni giorno, collaborando con gli altri soggetti che compongono una rete per noi fondamentale. Non solo accompagniamo le donne nei percorsi di uscita dalla violenza ma, come associazione (Nondasola, ndr) che gestisce il centro antiviolenza di Reggio Emilia da 27 anni, ci poniamo l'obiettivo di contrastare la cultura che sta alla base di questi comportamenti anche attraverso iniziative come questa insieme alla questura». A parlare è Sarha Mineo, una delle avvocate del centro antiviolenza, di cui è anche vicepresidente, presente ieri mattina allo stand allestito in piazza Prampolini per sensibilizzare sulla violenza contro le donne in occasione dell'8 marzo. Il centro antiviolenza - ricorda l'associazione - «è un osservatorio privilegiato della violenza maschile quale violazione dei diritti umani, che si manifesta non solo nelle relazioni di intimità ma anche quando una donna, nel suo percorso di uscita, non si vede riconosciuti il diritto alla giustizia, al lavoro, alla casa». Nonostante questo, resta un luogo che continua ad accogliere e trasmettere la potenza del desiderio femminile ad autodeterminarsi. Lo scorso anno le donne che hanno preso contatto con il centro sono state circa 350. Di queste, molte si sono fermate a un contatto telefonico (senza poi presentarsi all'appuntamento presso la struttura) mentre altre non sono andate oltre il primo incontro. Daniela Iori, operatrice di accoglienza da 21 anni, sottolinea che «già l'aver telefonato è un passo non facile». Per lei, «chi non torna non era ancora pronta per affrontare un percorso tutt'altro che indolore perché significa prendere coscienza di cose che non si erano volute vedere e assumere decisioni difficili».«In compenso - racconta - ci sono percorsi lunghi e bellissimi che ci gratificano per il risultato: siamo molto felici quando le donne riescono ad uscire da contesti violenti». E aggiunge: «È ovvio che l'aspetto economico per le vittime di violenza è importante perché trovare lavoro è difficile e senza lavoro la casa. È un circolo vizioso che impedisce alle donne di andarsene anche se vorrebbero». A questo proposito, riguardo lo sportello lavoro gestito da operatrici specializzate del centro, Giovanna Fontanesi, che invece è volontaria in accoglienza da 8 anni, chiarisce che loro aiutano le donne ad affacciarsi al mondo del lavoro, non trovano loro un impiego. «Già provare a cercarlo significa avere fiducia in sé stesse - commenta - vederle cercare quel senso di indipendenza che non avevano mai avuto per noi è importante». Le operatrici spiegano che, talvolta, le richieste di aiuto arrivano non dalle vittime di violenza ma da persone a loro vicine come genitori e soprattutto amici o amiche. «Spesso dobbiamo contenere emotivamente queste persone perché sono molto agitate e in ansia per la persona cara che vive la violenza e, in questi casi, il lavoro che dobbiamo fare è spiegare loro cosa significa venire da noi, quanto è importante rispetto dell'anonimato e soprattutto del desiderio della donna coinvolta poiché è necessario che sia lei ad esprimere il desiderio di fuoriuscire dalla violenza». A.B.