Nondasola ricorda Khadija, “Nei suoi occhi il desiderio di libertà”
Abbiamo appreso con dolore della morte di Khadija.
Khadija, 36 anni, è stata trovata morta lunedì scorso nella cantina di casa sua. Sappiamo che la spirale della violenza si era impadronita della sua vita. Aveva cercato in tanti modi di ribellarsi come le donne sempre fanno ma a volte il peso è troppo grande e in un modo o nell'altro ti schiaccia.
L’abbiamo incontrata alla Casa delle donne, a cui si era rivolta per la violenza agita dal partner. Una donna dagli occhi grandi e luminosi. Nei colloqui di sostegno, spazio di affidamento e relazione tra donne, le due operatrici hanno colto nel suo sguardo la forza tenace del suo desiderio di libertà. Per lei e per le due figlie, di cui parlava con amore e fierezza.
Allora i suoi occhi risplendevano e si concedeva un tenero sorriso, che scompariva quando, invece, raccontava della paura di lui, dei suoi modi persecutori e degli inutili tentativi di allontanarlo.
Khadija non c’è più e tuttavia quegli occhi li terremo con noi, come i corpi e le voci delle tante donne che ci hanno raccontato del coraggio e dell’inventiva messe in campo per difendersi dalla violenza con i mezzi a loro disposizione. Ma anche della drammatica disparità tra quelle strategie difensive e la capacità di nuocere e sopraffare dell’uomo abusante. Ancora troppo debolmente riconosciute le conseguenze della violenza psicologica nelle relazioni di intimità sulle donne che la subiscono. La volontà di dominio sul femminile non si accontenta di gesti isolati, di poche ed eclatanti aggressioni fisiche o sessuali. Si nutre, invece, di un uso strategico dell’abuso di potere: isolamento, controllo, manipolazione, minacce, umiliazioni che attaccano il senso del proprio valore di donna capace e autonoma e minano la sua percezione della realtà. E in questo contesto di “terrorismo quotidiano” secondo la definizione di Rachel Pain “la paura non è solo una conseguenza della violenza domestica; è invece l’elemento chiave che fa sì che la violenza possa continuare”.
Fino a quando non saremo realmente consapevoli di ciò che la violenza subita dalle donne produce in termini di sofferenza psico-fisica, la loro credibilità potrà essere messa in discussione e le loro richieste di aiuto colpevolmente minimizzate.